lunedì 11 aprile 2011

Assenza di segnale.

Tutto finito. Finito di leggere, finito di ascoltare musica, di scrivere.

Aveva pure finito di guardare i film e i telefilm scaricati dalla rete. Finiti tutti.

Erano le quattro del mattino, niente sonno, niente voglia di uscire. Niente da fare.

Per quello iniziò.

Accese la tele.

Effetto neve.

Lo sapeva già, eh? Non aveva mai fatto il cambiamento per il digitale terrestre, erano ormai anni che il suo televisore trasmetteva silenzio, non si aspettava altro. Ma la accese lo stesso.

Iniziò a scanalare, fip fip fip, buio nella stanza, poi grigiore azzurrino, prima uno, poi l’altro, fip, fip, sagome scure dei mobili e poi riflesso della tempesta di neve eterna che andava in onda su ogni canale, fip, fip, fip.

Ma poi fece l’errore di accorgersi che la luce che filtrava dall’esterno attraverso le persiane, fip fip fip, era uguale a quella dello schermo muto del televisore, fip fip… Allora riguardò la finestra, poi la tele, finestra, tele, fip, fip, fip, fip.

Scanalava, poi guardava la finestra. Andò avanti per, boh, ore? Si fermò solo ogni tanto a bere, accendersi una sigaretta, e giù di nuovo, fip, fip, fip.

Un brivido gli si era infilato sottopelle. Un dubbio freddo come sudore.

E se anche fuori… Bastava aprire la finestra e guardare. Sì, ma se poi…?

Non devo smettere, non devo smettere, metti che anche fuori…

Fissò di nuovo il televisore, quella luce di cenere che cade per sempre.

Poi la luce che strisciava sul divano, il pavimento, e arrivava fino ai suoi piedi nudi… era la stessa.

La stessa, cazzo, la stessa.

Non c’era uscita, non poteva più spegnere ormai.

Continuare, continuare, scanalare, scanalare, qualche cosa da qualche parte ci dovrà pur essere ancora, qualcosa, qualcosa, non guardare la finestra, non guardare, fip e poi fip, cambia canale, cambia canale, qualche cosa, una cosa, una sola cazzo di cosa, qualsiasi, da qualche cazzo di parte, dovrà pur esserci, deve, deve esserci.

Tu continua, non pensare.

Continua.

Fip.

Fip.

Fip.